“L’Isola de li Montani”, dove oggi ha sede la Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, nasce nella seconda metà del XVI secolo.
Tutto ebbe origine dal notaio Giovanni Montani da Ginestreto, proprietario di una casetta che sorgeva sulla piazzetta del Pozzo dell’Arcangelo (oggi piazza Antaldi), detta così dal nome di un bottaio che vi lavorava utilizzando l’acqua di un pozzo pubblico: fra il 1556 ed il 1568, infatti, Giovanni Montani acquistò altri stabili confinanti. Ad autorizzare l’operazione – causa pubblici decori civitatis – fu il duca Guidubaldo II della Rovere, nel solco del rinnovamento edilizio posto in atto sin dalla prima metà del ‘500 dal padre, Francesco Maria I. Le acquisizioni di edifici circostanti proseguirono, fra 1572 e 1633, da parte dello stesso Giovanni Montani e poi di suo figlio Francesco, dottore in utroque e “pubblico avvocato”. Solo nel 1721 però, con l’acquisto di un edificio dell’ospedale San Salvatore, la famiglia Montani finì per possedere l’intero isolato. Il figlio di Francesco, Giulio Montani, ebbe allora l’idea di un intervento ricostruttivo che raccordasse i singoli corpi di fabbrica. I lavori ebbero inizio nel 1777, con il contributo di Carlo Emanuele, primogenito di Giulio, che ne commissionò progetto e direzione all’architetto pesarese Tommaso Bicciaglia. Ma l’avvio fu faticoso: si ebbero interventi non continuativi tra 1777 e 1781, poi il lavoro riprese nel marzo 1784 e proseguì senza interruzioni fino all’aprile 1785. Nel palazzo furono attivi diversi allievi di Gianandrea Lazzarini, tra cui i pesaresi Raimondo Dosi e Ubaldo Geminiani e l’urbinate Carlo Paolucci; vi operarono qualificate maestranze tra lapicidi, marangoni e muratori. Costo totale: settemila scudi. Lo si evince dalla “Nota esatta delle spese fatte nella fabbrica della casa di città cominciate il 20 luglio 1777”, a firma dello stesso Carlo Emanuele Montani. |
Nel 1808 il conte Carlo Emanuele si trasferì a Roma e decise di liberarsi del patrimonio, fra cui la “casa di città”. Ma l’edificio costava troppo e il nobiluomo dovette accontentarsi di una permuta: in cambio di altre proprietà Carlo Emanuele Montani cedette il palazzo con atto pubblico del 30 maggio 1808 al marchese Antaldo Antaldi, podestà di Pesaro. Iniziò allora nelle sale del palazzo – ora proprietà Antaldi – una stagione di feste e di ricevimenti che attrassero personaggi locali e di passaggio. Uno per tutti, la principessa Carolina di Brunswick che per due anni, fra 1817 e 1819, soggiornò in Pesaro. Ma vennero tempi difficili anche per gli Antaldi e nel marzo 1859 palazzo Montani venne ceduto a Domenico Meli, già direttore dell’ospedale psichiatrico San Benedetto. Fu un possesso breve, perché il 30 marzo 1882 l’avvocato Emilio Meli, figlio di Domenico, rivendette l’edificio all’ingegnere Bernardino Pompucci, direttore della Montecatini. Nel 1944 l’edificio fu gravemente danneggiato dalla guerra. Nel 1947, altro cambio di proprietà: i Pompucci cedettero il palazzo alla signora Ofelia Moroni, moglie dell’avvocato Giuseppe Santini. Nel 1983 gli eredi della famiglia Santini accettarono l’offerta della Cassa di Risparmio di Pesaro, che divenne così proprietaria dell’immobile. Cominciò allora il lungo cammino di ristrutturazione e restauro, conclusosi nel 1991, 150° anniversario della fondazione della Cassa di Risparmio di Pesaro: in quella circostanza il palazzo restaurato fu inaugurato dal sen. Giovanni Spadolini, presidente del Senato della Repubblica. Per maggior informazioni: A. Brancati, Il palazzo e la famiglia Montani a Pesaro, Pesaro 1992 |